BENVENUTI nel blog piu' GRAFFIANTE dell'ADRIATICO... cari visitatori che passate di qui', ricordatevi, comunque, sempre ,che questi son semplici appunti DISORDINATI E DISOBBEDIENTI sulla mia vita e su cio' che, via via ,vado incrociando lungo il cammino della mia esistenza...

domenica 6 giugno 2010

Ubitennis - Il trionfo della Schiavone (Martucci, Tommasi, Torromeo, Valesio, Clerici, Piccardi, Semeraro, De Martino, Lombardo)

Ubitennis - Il trionfo della Schiavone (Martucci, Tommasi, Torromeo, Valesio, Clerici, Piccardi, Semeraro, De Martino, Lombardo)

LA PRESENTAZIONE DI SINISA ...

I MOLTI LATI OSCURI DEL SIGNOR DI PIETRO..

DA CORRIERE.IT
Dalla laurea agli immobili: le voci (a volte senza risposta) sul leader Idv


I silenzi e le ambiguità dell’onorevole Di Pietro


Non è vero che la stampa sia sempre cattiva con lui. Lo scorso 17 maggio Antonio Di Pietro era uscito dalla procura di Firenze dirigendosi con piglio sicuro verso piazza della Repubblica, dove troneggiava e fumava un finto reattore nucleare di cartapesta, propedeutico alla raccolta di firme dell’Italia dei valori per un referendum sul tema. Tra applausi, cori e foto ricordo con i suoi sostenitori, l’ex pubblico ministero si era definito un «teste d’accusa».



Di Pietro disse che aveva spontaneamente scelto di mettere a disposizione degli ex colleghi la sua esperienza di investigatore. I magistrati che seguono l’inchiesta sugli appalti per le Grandi Opere l’avevano convocato come persona informata sui fatti, invece, con tanto di apposito decreto di notifica. C’è differenza.

Quel giorno il dettaglio era diventato una nota a margine, le cose che contano in fondo sono altre. Un peccato veniale. Giocare con le parole, dire e non dire, abbellire la realtà, è tutto lecito. Solo che spesso Antonio Di Pietro trasforma le sue piccole furbizie in metodo. Non risponde, non del tutto almeno, oppure parla d’altro, evocando complotti e mandanti occulti. Altre volte, semplicemente, tace. E non si accorge che così facendo fa il gioco dei suoi detrattori, una legione sempre più numerosa. Vecchia storia, questa delle sparate che si mischiano a silenzi e a repliche invece puntuali. Ancora attuale, però. L’approccio mediatico rimane invariato nel corso del tempo, e non accenna a migliorare, dando così un indubbio contributo alla genesi di leggende metropolitane che riguardano anche su dettagli non proprio fondamentali nella complessa biografia dell’onorevole. Ad anni alterni torna fuori, tra dubbi e ironie, il suo personale tour de force per laurearsi in Legge alla Statale di Milano. La tesi venne discussa nel 1978, il giovane Di Pietro ci arrivò sostenendo 22 esami in 32 mesi, compresi «mattoni» quali diritto privato, pubblico, amministrativo. L’istituto di presidenza della facoltà confermò a suo tempo che tutto era in regola. Ma le illazioni, falsità di vario genere, sono proseguite, nel silenzio del diretto interessato, al quale basterebbe poco per mettere a cuccia i detrattori.

Di Pietro, è un dovere ricordarlo, ha sempre vinto in tribunale, su questioni ben più importanti dei propri titoli di studio. «Non luogo a procedere», quindi prosciolto prima di un eventuale processo da accuse anche infamanti come quella di concussione, generata dall’inchiesta- monstre del Gico di Firenze. Quella brutta storia poggiava su un tema ricorrente della sua vita, il contrasto tra l’azione pubblica, del magistrato prima e del politico poi, con una condotta privata spesso pasticciata, non priva di ambiguità e zone d’ombra. A metterlo su quella graticola furono le sue relazioni con l’avvocato Giuseppe Lucibello e l’amico costruttore Antonio D’Adamo i quali a loro volta intrattenevano— questa era l’ipotesi di accusa—affari con il finanziere Pacini Battaglia. La rilevanza penale dell’intreccio era pari a zero, ma le personalità pubbliche non si giudicano solo dal proprio casellario giudiziale. Proprio per questo, l’alone di mistero che grava su alcuni punti della biografia dell’ex magistrato nuoce non solo a lui,ma anche alle sue opere. «Vogliono infangare Mani Pulite» ripete ogni qual volta vengono pubblicati articoli che riesumano i suoi molto presunti legami con i servizi segreti italiani e americani. Può essere. Ma certi silenzi, come quello sulla surreale vacanza alle Seychelles durante la quale l’allora neo magistrato scrisse un dossier di 172 pagine su Francesco Pazienza che poi finì nelle mani dei servizi segreti italiani, non aiutano. E neppure certe dimenticanze sui viaggi americani, ultimo in ordine di tempo quello fatto in compagnia dell’ex amico Mario Di Domenico. Dopo la recente pubblicazione di una sua foto che lo ritraeva con il dirigente del Sisde Bruno Contrada, il Corriere lo invitò a un confronto sul tema. Risposta non pervenuta. Sono dettagli, omissioni probabilmente ininfluenti. Ma portano ramoscelli da ardere a chi sostiene l’inverosimile tesi che Mani Pulite sia stata guidata a tavolino dall’intelligence Usa. Creano un danno ad una pagina importante della storia italiana, comunque la si giudichi, della quale Di Pietro è giustamente orgoglioso.

Possibile che i suoi ultimi impicci siano il frutto dei rancori di vecchi amici. Ma è lui a sceglierseli, i compagni di viaggio. E con molti di essi, da Elio Veltri a Di Domenico, finisce quasi sempre male, all’insegna della reciproca incomprensione. Nel primo caso si tratta di una querelle sui rimborsi elettorali delle Europee, che secondo Veltri sarebbero stati gestiti in modo privato. Nell’altro, l’accusa di un uso «non associativo» dei soldi del partito apre la strada a illazioni sulla passione immobiliare di Di Pietro, con proprietà che vanno da Curno alla Bulgaria. In questo campo l’attività è frenetica. Tra il 2002 e il 2008 l’ex pm ha speso 4 milioni di euro nella compravendita di nove case, tutte passate sotto l’ombrello della An.To.Cri. La sigla è l’acronimo di Anna, Toto e Cristiano, i suoi tre figli. Si tratta della società di famiglia, dalla quale Di Pietro, nella veste di presidente dell’Idv, ha preso in affitto alcuni immobili per conto del partito. Nulla di compromettente, lo ha stabilito una inchiesta della procura di Roma, che ha archiviato ogni denuncia. Ma anche qui, alcuni comportamenti, come l’acquisto di case tramite prestanome, o di immobili «proibiti» per legge ai parlamentari in carica, lasciano il fianco scoperto alle critiche di chi afferma che il paladino della questione morale dovrebbe agire con meno disinvoltura nei suoi interessi privati.

Paolo Flores D’Arcais sostiene da tempo che un certo modo di fare «democristiano» si sia impossessato del fondatore dell’Idv. Nel settembre 2009 Micromega, giornale diretto dal filosofo romano, pubblicò una inchiesta sul partito dell’ex magistrato. «C’è del marcio in Danimarca» era il titolo, e quel che seguiva era anche peggio. Il capostipite degli impresentabili, ovvero quel Sergio De Gregorio scelto da Di Pietro come capolista in Campania per le politiche del 2006, il voltafaccia con annesso passaggio al centrodestra fu velocissimo, veniva appena nominato. Acqua passata. Piuttosto, in 40 pagine di testo veniva fatta una radiografia completa sulla vena «inciucista e politicante» che permeava l’Idv, facendo nomi e cognomi dei riciclati presi a bordo. Dai transfughi dell’Udeur a quelli di Forza Italia, passando per il capo della Campania Nello Formisano, «che insieme all’ex dc potentino Felice Belisario ha riempito il partito delle mani pulite di faccendieri e arrivisti, in larga misura di provenienza democristiana». Una mazzata, che fece scalpore ma generò un dibattito che lo stesso Flores giudica «sterile e improduttivo ». E la promessa di chiarire tutto— dice in una intervista a La Stampa—si è rivelata una promessa da marinaio. Ci sono argomenti, pubblici e privati, che vengono lasciati cadere quando invece il primo a trarre beneficio da una maggiore chiarezza sarebbe proprio Di Pietro. Tanto più che quando si spiega, l’ex magistrato lo fa bene. All’inizio di quel 2009 per lui infausto, il suo nome spuntò nell’inchiesta napoletana su Global Service, il mega appalto dei servizi pubblici. Tra gli altri, era stato arrestato Mario Mautone, provveditore alle Opere Pubbliche della Campania che Di Pietro aveva chiamato a lavorare al ministero delle Infrastrutture da lui diretto. Numerose intercettazioni allegate agli atti dimostravano come il suo primogenito Cristiano, consigliere provinciale a Campobasso per l'Italia dei Valori, tentasse tramite Mautone di sistemare gli amici, e sembravano anche dare conto delle preoccupazioni del padre per tenerlo fuori dall’indagine, della quale risultava essere al corrente.

Di Pietro prese carta e penna, e scrisse un memoriale dettagliato, che diede ai magistrati e alle stampe. Le voci e i sussurri sul suo conto si zittirono immediatamente. In quell’occasione mostrò la sua faccia migliore, argomentando e spiegando. Rimasero solo le accuse di familismo spinto, e l’unico caduto sul campo fu Cristiano, costretto a dimettersi dal partito. Oggi è passato poco più di un anno, ma sembra un secolo. Secondo Di Pietro la pubblicazione dei verbali dell’architetto Zampolini va letta come «parte di una strategia eversiva» nei suoi confronti, decisa da «mandanti e beneficiari occulti». Colpa delle lobby, di una informazione schierata contro di lui. All’appello dell’invettiva mancano i giudici comunisti, ma con qualche allenamento possiamo arrivarci.



Marco Imarisio

05 giugno 2010

Ag.Ljajic: ''L'avvento di Mihajlovic lo potrà agevolare'' - Violanews

Ag.Ljajic: ''L'avvento di Mihajlovic lo potrà agevolare'' - Violanews

venerdì 4 giugno 2010

L'ESSENZA DELL'ANARCHIA..

" L'ESSENZA DELL'ANARCHIA: LA CONDIZIONE IN CUI OGNUNO PUO' SCEGLIERE NELLA VITA QUALSIASI RUOLO E RAPPRESENTARLO FINO IN FONDO... "



Julian BECK.

il vero amico..

"UN VERO AMICO E' QUELLO CHE TI PUGNALA DAVANTI"


Oscar WILDE

il primo giorno di SINISA.. il condottiero!!

da CORRIERE.IT
E' il giorno di Mihajlovic

«Sono uno tosto, come voi»

Una maglia viola con il numero 1 e il suo nome scritto sul retro: così la Fiorentina ha accolto il nuovo allenatore Sinisa Mihajlovic, che succede a Cesare Prandelli

FIRENZE - Una maglia viola con il numero 1 e il suo nome scritto sul retro: così la Fiorentina ha accolto il nuovo allenatore Sinisa Mihajlovic, che succede a Cesare Prandelli, tecnico viola per cinque anni. «Dal momento in cui Prandelli ha accettato autonomamente la proposta della Federazione, una scelta che da una parte ci dispiace ma dall’altra ci gratifica - ha dichiarato Mario Cognigni, presidente ad interim della Fiorentina - abbiamo chiesto a Corvino non una seconda scelta, ma una persona che avesse le capacità di gestire un gruppo così importante». «Siamo certi - ha concluso Cognigni - che Sinisa possa rappresentare questo prototipo; è giovane ma già con esperienza, personalità e grinta, l’ideale per il nostro progetto e per il nostro futuro».



I TIFOSI - Duecento tifosi viola hanno salutato il neo tecnico della Fiorentina al termine della conferenza stampa di presentazione. Mihajlovic è uscito dai cancelli dello stadio, al di fuori dei quali lo attendevano i tifosi, firmando autografi e facendosi fotografare sorridente. Subito un coro per lui: «Sinisa sì, portaci in Champions League»



LE PAROLE DI SINISA - «È un onore per me allenare la Fiorentina, so cosa mi aspetta, le responsabilità, so bene che i toscani sono tosti, anch’io lo sono, andremo d’accordo. Spero di continuare la strada tracciata da Prandelli». Con queste parola Sinisa Mihajlovic si è presentato a Firenze, per iniziare una nuova avventura dopo l’esperienza a Catania. «Ringrazio la società siciliana che mi ha lasciato libero - ha continuato il neo tecnico viola - Ora punto su questa avventura; Firenze ha perso un grande allenatore ma lo ha conquistato l’Italia. Da parte mia cercherò di riportare la Fiorentina in Champions League, sono certo che ce la faremo. Firenze è una grande piazza, con grandi giocatori e grandi ambizioni. Non ha vinto molto negli ultimi anni, come me. Possiamo vincere insieme, questo è un grande stimolo per me. Sono onorato che il direttore mi abbia scelto». «L’Inter e la Sampdoria? Ho scelto la Fiorentina perchè c’è Corvino, un dirigente che ho sempre stimato», ha detto ancora Mihajlovic.



«PENSATE DI ESSERE I PIU' FORTI. ANCHE IO LO PENSO DI ME» - «La gente può definirmi pazzo e forse un po' lo sono. Voi fiorentini mi piacete perché pensate di essere i più forti. Anch'io lo penso di me stesso. In che ruolo vedo Jovetic? Io credo che sia davvero un grande giocatore. Anche quando abbiamo incontrato la Fiorentina a Catania ne ho parlato bene, così come di Ljajic. Può giocare in tutte le posizioni davanti. Il modulo base sarà il 4-3-3. proverò anche il 4-2-3-1 ma il modulo base è con le tre punte. Voglio una Fiorentina d'attacco. «In questi giorni parlerò con tutti i giocatori, sono convinto che Gilardino resterà a Firenze, è un giocatore importante, il mio modo di giocare lo esalterà. E poi, se Alberto ha qualche dubbio, glielo tolgo io». Sinisa Mihajlovic ha già sfoderato grinta e personalità nel suo primo giorno da allenatore viola. «Stimo molto anche Adrian Mutu, è vero che in passato, da giocatori, ci sono stati degli screzi ma chiarimmo tutto a suo tempo - ha continuato Mihajlovic - Fra l’altro, in quella occasione sbagliai io. Adrian comunque mi piace, ha un carattere focoso, quasi come il mio. A me piace la gente con gli attributi. Sul suo futuro non abbiamo ancora parlato, io mi fido della mia società». Il nuovo tecnico viola ha anche raccontato di aver avuto gli auguri di Roberto Mancini. «Ci sentiamo quasi tutti i giorni, abbiamo parlato anche di Firenze, come amico è contento della mia scelta, mi ha parlato bene di questa città al di là di come è finita per lui», ha detto Mihajlovic.».



COGNIGNI: «LA FIORENTINA NON E' UN SUPERMERCATO» - «La Fiorentina non è un supermercato, andranno via solo giocatori che la società considererà non più funzionali al progetto, ma non accontenterà chi vuole andare via». Questo il duro messaggio inviato dal presidente ad interim del club viola Mario Cognigni, a conferma che la strategia della società, in merito al mercato e in particolare alle eventuali cessioni, è cambiato.

giovedì 3 giugno 2010

LA LETTER DI ADDIO DI CESARE PRANDELLI ALLA CITTA' DI FIRENZE !!

''A chi mi incontra per strada e mi chiama “Cesare”; a chi ha preso la pioggia, il sole, il vento al Franchi; a chi ha fatto le vacanze a Folgaria, a Castelrotto e a Cortina; a chi ha pianto per un rigore sbagliato o per la gioia di Anfield; a chi ci ha creduto come me e si è emozionato per una solitaria bandiera viola ad una finestra; a chi ha pensato che, nonostante sbagliassi qualche cambio, ero comunque una persona per bene; a chi ha saputo capire ed apprezzare il significato del silenzio; a chi ha fatto centinaia di chilometri per dire “io c’ero”, quelli di Verona, di Torino e che hanno pianto di gioia con noi; a quelli che ci aspettavano all’aeroporto la notte per cantare “forza viola”; a chi urlava “falli correre” e a chi ha corso; a chi mi diceva, toccandomi ogni volta l’anima, “Grande Mister, uno di noi” oppure “parlare con te è come se parlassi con un parente”, fratello, zio cugino, padre non fa differenza. A tutti, a Firenze con la sua eleganza un po’ malinconica, la sua diffidenza e la sua generosità, devo dire solo due cose: grazie e vi porterò sempre nel mio cuore".

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Domani alle 12 presentato Mihajlovic - Violanews

Domani alle 12 presentato Mihajlovic - Violanews

martedì 1 giugno 2010

Ubitennis - Sognare non è impossibile

Ubitennis - Sognare non è impossibile

Ubitennis - Soderling spegne i sogni di Roger

Ubitennis - Soderling spegne i sogni di Roger

il caso MIHAJLOVIC.... ma io SINISA lo amo gia' !!!

DA CORRIERE FIORENTINO.IT

Mihajlovic, ancora non c'è ed è già un caso

La carriera di Sinisa e l’altolà di Sofri per le sue idee politiche


FIRENZE - Evitate di sfruculiarlo. L’autocontrollo non è mai stato il suo forte. Meglio non chiedere referenze a Vieira, che si sentì apostrofare per il colore della sua pelle (Versione di Patrick: «Mi ha chiamato scimmia». Versione di Sinisa: «Lui mi ha detto zingaro di m. e io gli ho risposto negro di m.»). E meno male che non ci sarà un incontro ravvicinato con Mutu, sputato e calpestato durante un tristemente famoso Lazio-Chelsea: otto giornate di squalifica. E’ tutto? Non proprio. Nel suo curriculum (eccellente) di calciatore tuttofare, figura anche un’indagine per uno striscione, «Onore alla tigre Arkan», in morte di un terrorista serbo accusato di genocidio e apparso nella curva degli ultrà della Lazio pare su sua specifica richiesta. Ecco, le abbiamo citate tutte e subito le macchie sulla sua carriera perché è giusto non far finta di non sapere, ma anche perché per gli sbagli del passato Mihajlovic ha già regolato i suoi conti con la giustizia sportiva.



Non è un buon esempio? Adriano Sofri, sul Foglio, ha scritto che non può essere l’uomo giusto per Firenze: «Ha usato e abusato del suo ruolo sportivo per esaltare le sue opinioni, e poiché i suoi idoli erano Arkan e le tigri serbiste e le loro imprese criminali, mi sembra difficile che ideali simili non influiscano sul modo di considerare l’agonismo sportivo e la formazione dei campioni a lui affidati». E’ un processo alle intenzioni. Dopo l’episodio dello striscione, non ci ha più provato. Continua a ritenere Arkan un eroe? Sarebbe orribile, ma irrilevante per il suo lavoro. Del resto, Mourinho è il più grande di tutti e nessuno gli chiede conto delle sue idee di destra radicale. Né si è mai eccepito su quanto possa essere condizionato il gioco di Hiddink dai suoi rigidi ideali socialisti. Il nuovo allenatore della Fiorentina ha il diritto di essere giudicato per il suo (breve) passato da tecnico e soprattutto per il lavoro che saprà svolgere d’ora in avanti. Certo, il carattere di una persona, quello non si cambia.



Mihajlovic è uno che non porgerà mai l’altra guancia. Ne sa qualcosa anche Totti, recentemente vittima dei suoi strali. Ma avere carattere significa avere quello che viene definito un cattivo carattere e nello stesso tempo avere quello che viene definito un cattivo carattere significa avere carattere. Non è detto che questo sia un male per un capo in generale e per un allenatore in particolare. D’accordo, Prandelli non era così, eppure ha lavorato benissimo e, ultima stagione a parte, ha ottenuto risultati straordinari con i suoi metodi da buon padre di famiglia. Ma non c’è una sola strada per il successo. E’ ragionevole pensare che i dirigenti viola abbiano voluto cambiare registro in panchina proprio per non avere un replicante, magari buono come Cesare, ma meno bravo di lui.



Dunque, parliamo di Mihajlovic allenatore. Ottima spalla di Mancini all’Inter. Forse anche qualcosa di più. Di sicuro, curava l’addestramento specifico dei difensori. Per il resto è sempre difficile calcolare il peso specifico di un allenatore in seconda. Va comunque detto che la prima stagione di Mancini senza Mihajlovic, al Manchester City, è stata deludente: fallito l’obiettivo zona Champions nell’anno in cui una delle big four, il Liverpool, ha steccato la stagione. Anche Sinisa ha steccato la prima. A Bologna non ha lasciato il segno: esonerato e senza di lui la squadra si è salvata. Meglio, molto meglio a Catania. Sembrava una missione impossibile. Perché la squadra, pronosticata da retrocessione a inizio stagione, con Atzori aveva cominciato giocando benino ma senza fare punti.



Con il suo arrivo è cominciata una rimonta fantastica e realizzata mantenendo alta la qualità del gioco. Salvezza, e senza eccessivi affanni. Gruppo condotto con grande personalità. Si può dire che Mihajlovic sia stato l’unico allenatore giovane a non avere sbagliato stagione. Ha messo in campo una squadra offensiva, intensa, armonica, piacevole. Senza timori reverenziali nei confronti delle grandi (ha battuto Inter e Juventus). Anche duttile tatticamente con quel 4-3-3 di base che si trasforma in 4-1-4-1 quando c’è la necessità di ripiegare. Insomma, quella della Fiorentina è sicuramente una scommessa, ma non un azzardo puro. E, per fortuna, Arkan è morto e anche da vivo non ha mai giocato a pallone.


GIANFRANCO TEOTINO