DA CORRIERE FIORENTINO.IT
Mihajlovic, ancora non c'è ed è già un caso
La carriera di Sinisa e l’altolà di Sofri per le sue idee politiche
FIRENZE - Evitate di sfruculiarlo. L’autocontrollo non è mai stato il suo forte. Meglio non chiedere referenze a Vieira, che si sentì apostrofare per il colore della sua pelle (Versione di Patrick: «Mi ha chiamato scimmia». Versione di Sinisa: «Lui mi ha detto zingaro di m. e io gli ho risposto negro di m.»). E meno male che non ci sarà un incontro ravvicinato con Mutu, sputato e calpestato durante un tristemente famoso Lazio-Chelsea: otto giornate di squalifica. E’ tutto? Non proprio. Nel suo curriculum (eccellente) di calciatore tuttofare, figura anche un’indagine per uno striscione, «Onore alla tigre Arkan», in morte di un terrorista serbo accusato di genocidio e apparso nella curva degli ultrà della Lazio pare su sua specifica richiesta. Ecco, le abbiamo citate tutte e subito le macchie sulla sua carriera perché è giusto non far finta di non sapere, ma anche perché per gli sbagli del passato Mihajlovic ha già regolato i suoi conti con la giustizia sportiva.
Non è un buon esempio? Adriano Sofri, sul Foglio, ha scritto che non può essere l’uomo giusto per Firenze: «Ha usato e abusato del suo ruolo sportivo per esaltare le sue opinioni, e poiché i suoi idoli erano Arkan e le tigri serbiste e le loro imprese criminali, mi sembra difficile che ideali simili non influiscano sul modo di considerare l’agonismo sportivo e la formazione dei campioni a lui affidati». E’ un processo alle intenzioni. Dopo l’episodio dello striscione, non ci ha più provato. Continua a ritenere Arkan un eroe? Sarebbe orribile, ma irrilevante per il suo lavoro. Del resto, Mourinho è il più grande di tutti e nessuno gli chiede conto delle sue idee di destra radicale. Né si è mai eccepito su quanto possa essere condizionato il gioco di Hiddink dai suoi rigidi ideali socialisti. Il nuovo allenatore della Fiorentina ha il diritto di essere giudicato per il suo (breve) passato da tecnico e soprattutto per il lavoro che saprà svolgere d’ora in avanti. Certo, il carattere di una persona, quello non si cambia.
Mihajlovic è uno che non porgerà mai l’altra guancia. Ne sa qualcosa anche Totti, recentemente vittima dei suoi strali. Ma avere carattere significa avere quello che viene definito un cattivo carattere e nello stesso tempo avere quello che viene definito un cattivo carattere significa avere carattere. Non è detto che questo sia un male per un capo in generale e per un allenatore in particolare. D’accordo, Prandelli non era così, eppure ha lavorato benissimo e, ultima stagione a parte, ha ottenuto risultati straordinari con i suoi metodi da buon padre di famiglia. Ma non c’è una sola strada per il successo. E’ ragionevole pensare che i dirigenti viola abbiano voluto cambiare registro in panchina proprio per non avere un replicante, magari buono come Cesare, ma meno bravo di lui.
Dunque, parliamo di Mihajlovic allenatore. Ottima spalla di Mancini all’Inter. Forse anche qualcosa di più. Di sicuro, curava l’addestramento specifico dei difensori. Per il resto è sempre difficile calcolare il peso specifico di un allenatore in seconda. Va comunque detto che la prima stagione di Mancini senza Mihajlovic, al Manchester City, è stata deludente: fallito l’obiettivo zona Champions nell’anno in cui una delle big four, il Liverpool, ha steccato la stagione. Anche Sinisa ha steccato la prima. A Bologna non ha lasciato il segno: esonerato e senza di lui la squadra si è salvata. Meglio, molto meglio a Catania. Sembrava una missione impossibile. Perché la squadra, pronosticata da retrocessione a inizio stagione, con Atzori aveva cominciato giocando benino ma senza fare punti.
Con il suo arrivo è cominciata una rimonta fantastica e realizzata mantenendo alta la qualità del gioco. Salvezza, e senza eccessivi affanni. Gruppo condotto con grande personalità. Si può dire che Mihajlovic sia stato l’unico allenatore giovane a non avere sbagliato stagione. Ha messo in campo una squadra offensiva, intensa, armonica, piacevole. Senza timori reverenziali nei confronti delle grandi (ha battuto Inter e Juventus). Anche duttile tatticamente con quel 4-3-3 di base che si trasforma in 4-1-4-1 quando c’è la necessità di ripiegare. Insomma, quella della Fiorentina è sicuramente una scommessa, ma non un azzardo puro. E, per fortuna, Arkan è morto e anche da vivo non ha mai giocato a pallone.
GIANFRANCO TEOTINO
martedì 1 giugno 2010
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