DA LASTAMPA.IT
Il capo dell'Uefa a Torino per i 25 anni dalla tragedia dell'Heysel: «Forse per l'Italia era meglio non candidarsi a Euro 2016
Presidente Platini, visto il giorno, non si può non cominciare dall’Heysel.
«Come presidente dell’Uefa mi sono preso un impegno solenne. Mai più. La tragedia è servita. Gli stadi sono cambiati: via le barriere, via i posti in piedi, anche se gli ultrà ne hanno nostalgia. A questi giovanotti gli parlerò io».
Non più da attore protagonista, ma da dirigente: fu vera, quella partita?
«Sì. Non ci avevano mica scommesso su. Juventus e Liverpool la presero seriamente. Boniperti ha ragione: c’erano coltelli, pistole, se non si fosse giocato sarebbe stato mille volte peggio».
Sapevate o non sapevate dei 39 morti?
«Non sapevamo. L’Heysel bolliva, ci si chiedeva tutti perché la finale non cominciasse mai».
Il rigore, l’esultanza, l’esposizione della coppa.
«Furono giorni molto difficili. “Libération” mi dedicò questo titolo: Platini ha ballato sulla pancia dei morti. Fate un po’ voi».
Nella ricostruzione e nella ripulitura, gli inglesi hanno agito prima e meglio di noi.
«Le stragi dell’Heysel e di Hillsborough li costrinsero a entrare a gamba tesa sugli hooligans. Senza, chissà come sarebbe andata».
Tessera del tifoso: favorevole o contrario?
«È un fatto italiano. Personalmente, non mi piace. L’Uefa non fa schedature. Il pubblico di Madrid, meraviglioso, era metà dell’Inter e metà del Bayern. Il calcio e il tifo che sogno».
Perché l’Italia ha perso gli Europei 2012 e gli Europei 2016?
«Non certo per la violenza. O, quanto meno, non solo. La violenza è un fenomeno transnazionale. Tocca ai governi sgominarla, alle forze dell’ordine. L’importante è che i club non facciano i furbi. I nomi dei delinquenti sono noti a tutti».
E allora, perché: per gli stadi?
«Nessun dubbio che i vostri siano vecchi. Molti aspettano un Mondiale o un Europeo per rifarli. Non è obbligatorio: ci si può muovere anche “prima”. Magari, quando la Francia rifiutò la vostra proposta di fifty-fifty, e disse che avrebbe voluto correre da sola, sarebbe stato più opportuno ritirarsi. Forse. Credo che, per Abete, il vero smacco sia stato quello di Polonia e Ucraina, non questo. Rocco Crimi ha fatto i miracoli, ma aveva di fronte due presidenti della Repubblica».
La prima finale di Champions al sabato: contento?
«Non abbiamo spezzato il ritmo lavorativo, ho lasciato Madrid con gli occhi pieni di coppiette e famigliole. A livello televisivo, ci è costato un 4% di share in Europa, ma abbiamo guadagnato addirittura il 50% nelle Americhe e in Asia».
I giudici di porta?
«Avanti tutta. Dalla Europa League alla Champions e agli Europei 2012, dalle qualificazioni all’epilogo di Kiev. E anche a Montecarlo, per la Supercoppa fra Inter e Atletico Madrid. Blatter detesta che facciano un passetto in campo, io no: più entrano e “coprono”, meglio è».
Quanto vi sono costati?
«Quattro milioni di euro. Le federazioni sono libere, noi procediamo. Obiezione: in Azerbaigian non nuotano nell’oro: vero, ma in Azerbaigian non ci sono moviole. Uno a uno. Resta un altro problema».
Quale?
«Il fuorigioco. Lì, gli arbitri ausiliari possono ben poco. Presto coinvolgeremo gli assistenti in un lavoro più capillare e specifico. Non fidatevi della tv: inganna».
Sul fronte del fair play finanziario ha dovuto rallentare.
«La mia rivoluzione non contempla la ghigliottina. Entrerà a regime dal 2014: chi può spendere, spenda; ma chi non è in regola, fuori. Per i primi tre anni a partire da adesso sarà tollerato un deficit di 45 milioni (15 l’anno), poi 30, poi si vedrà. Al diavolo la finanza fru-fru: o aumento di capitale o ciccia».
Gira la voce che Jean-Claude Blanc entri nel calderone di Euro 2016.
«Questa mi giunge nuova».
Andrea Agnelli presidente della Juventus?
«Posso pesare il cognome, non il valore dell’uomo: ci siamo frequentati poco. Però mi ha fatto una buona impressione».
Del Neri?
«Non lo conosco».
L’Inter senza italiani: preoccupato?
«Mi preoccuperebbe di più un’Italia con undici brasiliani naturalizzati. O una Francia, o un Belgio. L’idea del 6 + 5 (sei nativi e cinque stranieri, per dirla in parole povere) era giusta, ma cozzava contro le leggi, per questa ho lasciato il cerino a Blatter. Preferisco concentrarmi sui passaporti facili. E sul mercato dei minorenni: questa sì, una piaga immonda».
Che Mondiale sarà?
«Aperto, bello, freddo. Copritevi... Mi intrigano le africane: faranno ’sto benedetto salto di qualità? La mia griglia: Brasile, Spagna, Inghilterra in pole, poi una decina di squadre fra le quali l’Italia».
Lippi, Domenech: cosa cambia a giocare sapendo che cambierà il ct?
«Un bel cavolo di niente. Conta chi gioca, e quando si gioca».
Non si direbbe che conti «solo» chi gioca. Mourinho prende undici milioni netti.
«Evviva Mourinho, abbasso il Mourinhismo. I protagonisti devono restare i giocatori, quando lo diventano gli allenatori mi incavolo. Bayern-Inter si era trasformata in Van Gaal contro Mourinho. E Diego Milito? Nei titoli di coda».
Se la sente Sacchi...
«Un grande stratega, ma ha vinto con il Milan di Gullit, Rijkaard e Van Basten, non con il Parma. Se non torniamo in fretta a una più equa spartizione dei meriti, il calcio diventerà playstation».
C’era una volta il numero dieci, la fantasia al potere. Prenda gli azzurri: né Totti, né Del Piero, né Cassano.
«O accettano di stare sulla fascia o non se ne parla. Ribery, Ronaldinho, Zidane quando era al Real. Avrebbero messo all’ala pure il sottoscritto. Ai miei tempi, invece, sulla fascia correvano gli scarsi: Boniek, Cabrini... (sorride)».
Insomma, colpa degli allenatori?
«E di voi giornalisti, che li avete innalzati a padreterni».
Anche lei, però, fece l’allenatore.
«Prego, io feci il selezionatore della Nazionale francese. Cosa completamente diversa. Una pacchia, nel periodo in cui ci si vedeva una volta al mese; un disastro, quando ci qualificammo per gli Europei 1992, in Svezia, e mi toccava sorbirli tutti i santi giorni. Lasciai anche per questo, non solo per il k.o. nella fase a gironi».
Perché ha deciso di ricandidarsi nel 2011?
«Perché prima o poi voglio consegnare una coppa alla Juventus. Temo però che dovrò allungarmi il mandato, da quattro a otto anni».
ROBERTO BECCANTINI
domenica 30 maggio 2010
sabato 29 maggio 2010
su cosa scrivere nelle mie NOTE BIOGRAFICHE
...Non e' possibile scrivere la biografia di una persona che e' gia' morta e rinata mille volte... non basterebbero 50000 caratteri per soddisfare questa richiesta...
si puo' forse scrivere la biografia del vento? o di una nuvola??
si puo' forse scrivere la biografia del vento? o di una nuvola??
venerdì 28 maggio 2010
giovedì 27 maggio 2010
mercoledì 26 maggio 2010
LE RAGIONI DI UN FASCINO
IO POSSO CIO' CHE GLI ALTRI VORREBBERO...
........per questo ho scatenato sempre su di me gli altrui amori ed odi... !!!
........per questo ho scatenato sempre su di me gli altrui amori ed odi... !!!
sabato 22 maggio 2010
venerdì 21 maggio 2010
AMA E FAI CIO' CHE VUOI.... di S.Agostino
SE TACI... TACI PER AMORE
SE PARLI... PARLA PER AMORE
SE CORREGGI... CORREGGI PER AMORE
SE PERDONI... PERDONA PER AMORE
METTI IN FONDO AL CUORE
LA RADICE DELL'AMORE
DA QUESTA RADICE
NON PUO' CHE MATURARE IL BENE !!
SANT'AGOSTINO .
SE PARLI... PARLA PER AMORE
SE CORREGGI... CORREGGI PER AMORE
SE PERDONI... PERDONA PER AMORE
METTI IN FONDO AL CUORE
LA RADICE DELL'AMORE
DA QUESTA RADICE
NON PUO' CHE MATURARE IL BENE !!
SANT'AGOSTINO .
giovedì 20 maggio 2010
mercoledì 19 maggio 2010
GRAVE SCHIAFFO A VENEZIA.. niente olimpiadi...e LA LEGA che fa'? ..dorme come sempre!!
da CORRIERE DEL VENETO.IT
Roma è olimpica, la rabbia è veneta
«Schiaffo». «Lega bugiarda». «Peccato»
Albergatori, industriali, politici: la bocciatura di Venezia 2020 scatena reazioni a tutto tondo.
VENEZIA - Abbattuta, più che battuta. La candidatura olimpica di Venezia e del Veneto è stata stracciata, nelle valutazioni del Coni, dal progetto di Roma capitale. Neppure la sufficienza, quel 6 di parametro Cio che è il minimo per meritare la corsa all'organizzazione dei giochi olimpici. Tra le note di demerito, rispetto a Roma, la minor capacità ricettiva della regione. E qui qualcuno si arrabbia.
Gli albergatori Confcommercio veneta bolla come «panzane» il fatto che il Veneto «ha meno punti di Roma sul piano della capacità ricettiva alberghiera». «Tra le scuse che il Coni poteva trovare questa è di certo la più esilarante», sbotta il presidente dell’associazione, Marco Michielli. In Veneto ci sono 17mila imprese affiliate tra alberghi, campeggi, agenzie di viaggi, stabilimenti balneari e pubblici esercizi. «Ce n’è - spiega Michielli - quanto basta per ospitare un’ Olimpiade. La Lupa la spunta sul Leone con l’astuzia, ma se dovevano trovare giustificazioni per la scelta del progetto Roma, potevano scovarne di migliori», conclude. Ricordando come il Veneto sia «nel suo insieme la regione turisticamente più importante d’Italia, e la provincia di Venezia è quella turisticamente più importante della regione, registrando nel 2009 il 55,56% dei 64 milioni di presenze del Veneto».
Impresa «È una decisione che accetto con spirito sportivo nella convinzione che, come Comitato Venezia 2020, abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere per presentare un progetto compiuto, credibile e fattibile in grado di gestire l’evento olimpico nella sua interezza e accogliere al meglio atleti, giornalisti e pubblico». Gusto amaro ma abito signorile per le parole del presidente di Confindustria veneta, Andrea Tomat. «Non è mia intenzione entrare nel merito delle valutazioni della Commissione tecnica - dice - mi auguro abbiano preso in coscienza la decisione migliore per dare all’Italia la reale possibilità di vincere una gara internazionale che si presenta tanto importante quanto agguerrita». Quanto al Veneto che raccoglie cocci, «abbiamo dimostrato come la capacità di fare sistema - chiude Tomat - sia la strategia vincente per competere a livello nazionale e internazionale».
Gambe corte La butta in politica, e che sennò?, l’onorevole Antonio De Poli, candidato Udc alla presidenza del Veneto, andata a Luca Zaia. Per De Poli la decisione del Coni di assegnare a Roma la candidatura ai giochi sottolinea che la «Lega ha dimostrato ancora una volta di far promesse dalle gambe corte. Le colpe su chi ricadranno ora? Non era la Lega, con i suoi ministri Bossi e Zaia, che doveva difendere la candidatura di Venezia? Hanno dimostrato ancora una volta di non aver alcun potere a Roma, o di essere dei bravissimi attori che in terra veneta mettono in piedi le loro rappresentazioni teatrali a difesa del territorio. Ma ancora una volta ci hanno preso in giro. Si sono presi gioco di una regione che di schiaffi da quando la Lega è al Governo ne ha ricevuti parecchi».
Ennesimo schiaffo Allo Zenit la posizione di Leonardo Muraro, presidente dell’Unione Regionale delle Province Venete nonché della Provincia di Treviso. Leghista di lungo corso, per Muraro quello a Venezia «è l’ennesimo schiaffo alla nostra capacità manageriale che viene apprezzata in tutto il mondo ma non vuol essere capita dalle organizzazioni romane. La scelta su Venezia poteva essere l’occasione per riconvertire il nostro sistema produttivo, avviare efficaci iniziative per il superamento della crisi, e rischiamo di perderla per i potentati della capitale». Qualcosa, a sentire Muraro, a Roma non ha funzionato nel modo giusto. «Non è stato tenuto conto dell’importante rete di migliaia di volontari, associazioni, società sportive, aziende, enti pubblici che rappresentano eccellenze internazionali nello sport system mondiale. Spero che si possa conoscere chi ha votato contro Venezia, perchè potrei ricordarmene quando magari verranno a chiedere contributi in Provincia». Veleno in coda. Muraro si dice «a disposizione ad appoggiare un grande fronte di mobilitazione territoriale per sostenere in tutte le sedi le ragioni del nord. Nel 2018 ci sarà il centenario della fine della prima Guerra Mondiale: vuoi vedere che nonostante il Monte Grappa, il Montello, il fiume Piave e Vittorio Veneto, vorranno celebrare anche questo a Roma a suon di milioni di euro?».
Coccodrilli e stilettate «Le lacrime di coccodrillo di Zaia e la sua tardiva combattività servono a poco, se non a cercare di mascherare l’azione inconsistente messa in campo da lui, da Bossi e dalla Lega nei mesi che hanno preceduto il verdetto di oggi». E' il commento della capogruppo del Partito Democratico in consiglio regionale, Laura Puppato. «Caro presidente, di insoddisfacente nella sconfitta di Venezia c’è innanzitutto il governo veneto - accusa Puppato - che alla prima vera prova del fuoco ha fatto flop, dimostrandosi inadeguato a rappresentare in modo forte ed incisivo le ragioni di un intero territorio. Rinnovo in ogni caso la richiesta di fare immediatamente e nelle sedi più opportune tutte le verifiche del caso, in modo da togliere ogni ombra sulla decisione presa dal Coni».
Tar di rigore Difficile pensare che possa incrinare i cristalli dello champagne capitolino il Codacons, che annuncia di aver presentato un ricorso al Tar del Lazio contro la delibera del Comune di Roma che dà il via libera alla candidatura della Capitale. Nel ricorso si sottolinea che Roma «non versa nello stato per poter ospitare le Olimpiadi per la semplice e amara considerazione che per il 2020 forse saranno risolvibili in minima parte i problemi che affliggono la Capitale, che non è, pertanto, nelle condizioni di avanzare candidatura alcuna, se non dopo aver risolto le annose questioni ora esposte, e non invertendo come ha fatto, proprio attraverso la candidatura, l’ordine di risoluzione dei problemi: ovvero ottenere la candidatura e poi si risolvere tutti gli altri problemi, mentre, è operante il principio inverso (ovvero: se la città è in salute e può permettersi, a livello complessivo, di ospitare le Olimpiadi, ben può presentare e sperare che la candidatura venga accolta)».
A ciascuno il suo, insomma. Resta, a prescindere dal peso dei progetti e dalla qualità messa in campo dai contendenti, la sensazione di una partita iniziata con due gol di svantaggio. Alla fine ha vinto il migliore, si dirà. Ma quel vantaggio...
Roma è olimpica, la rabbia è veneta
«Schiaffo». «Lega bugiarda». «Peccato»
Albergatori, industriali, politici: la bocciatura di Venezia 2020 scatena reazioni a tutto tondo.
VENEZIA - Abbattuta, più che battuta. La candidatura olimpica di Venezia e del Veneto è stata stracciata, nelle valutazioni del Coni, dal progetto di Roma capitale. Neppure la sufficienza, quel 6 di parametro Cio che è il minimo per meritare la corsa all'organizzazione dei giochi olimpici. Tra le note di demerito, rispetto a Roma, la minor capacità ricettiva della regione. E qui qualcuno si arrabbia.
Gli albergatori Confcommercio veneta bolla come «panzane» il fatto che il Veneto «ha meno punti di Roma sul piano della capacità ricettiva alberghiera». «Tra le scuse che il Coni poteva trovare questa è di certo la più esilarante», sbotta il presidente dell’associazione, Marco Michielli. In Veneto ci sono 17mila imprese affiliate tra alberghi, campeggi, agenzie di viaggi, stabilimenti balneari e pubblici esercizi. «Ce n’è - spiega Michielli - quanto basta per ospitare un’ Olimpiade. La Lupa la spunta sul Leone con l’astuzia, ma se dovevano trovare giustificazioni per la scelta del progetto Roma, potevano scovarne di migliori», conclude. Ricordando come il Veneto sia «nel suo insieme la regione turisticamente più importante d’Italia, e la provincia di Venezia è quella turisticamente più importante della regione, registrando nel 2009 il 55,56% dei 64 milioni di presenze del Veneto».
Impresa «È una decisione che accetto con spirito sportivo nella convinzione che, come Comitato Venezia 2020, abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere per presentare un progetto compiuto, credibile e fattibile in grado di gestire l’evento olimpico nella sua interezza e accogliere al meglio atleti, giornalisti e pubblico». Gusto amaro ma abito signorile per le parole del presidente di Confindustria veneta, Andrea Tomat. «Non è mia intenzione entrare nel merito delle valutazioni della Commissione tecnica - dice - mi auguro abbiano preso in coscienza la decisione migliore per dare all’Italia la reale possibilità di vincere una gara internazionale che si presenta tanto importante quanto agguerrita». Quanto al Veneto che raccoglie cocci, «abbiamo dimostrato come la capacità di fare sistema - chiude Tomat - sia la strategia vincente per competere a livello nazionale e internazionale».
Gambe corte La butta in politica, e che sennò?, l’onorevole Antonio De Poli, candidato Udc alla presidenza del Veneto, andata a Luca Zaia. Per De Poli la decisione del Coni di assegnare a Roma la candidatura ai giochi sottolinea che la «Lega ha dimostrato ancora una volta di far promesse dalle gambe corte. Le colpe su chi ricadranno ora? Non era la Lega, con i suoi ministri Bossi e Zaia, che doveva difendere la candidatura di Venezia? Hanno dimostrato ancora una volta di non aver alcun potere a Roma, o di essere dei bravissimi attori che in terra veneta mettono in piedi le loro rappresentazioni teatrali a difesa del territorio. Ma ancora una volta ci hanno preso in giro. Si sono presi gioco di una regione che di schiaffi da quando la Lega è al Governo ne ha ricevuti parecchi».
Ennesimo schiaffo Allo Zenit la posizione di Leonardo Muraro, presidente dell’Unione Regionale delle Province Venete nonché della Provincia di Treviso. Leghista di lungo corso, per Muraro quello a Venezia «è l’ennesimo schiaffo alla nostra capacità manageriale che viene apprezzata in tutto il mondo ma non vuol essere capita dalle organizzazioni romane. La scelta su Venezia poteva essere l’occasione per riconvertire il nostro sistema produttivo, avviare efficaci iniziative per il superamento della crisi, e rischiamo di perderla per i potentati della capitale». Qualcosa, a sentire Muraro, a Roma non ha funzionato nel modo giusto. «Non è stato tenuto conto dell’importante rete di migliaia di volontari, associazioni, società sportive, aziende, enti pubblici che rappresentano eccellenze internazionali nello sport system mondiale. Spero che si possa conoscere chi ha votato contro Venezia, perchè potrei ricordarmene quando magari verranno a chiedere contributi in Provincia». Veleno in coda. Muraro si dice «a disposizione ad appoggiare un grande fronte di mobilitazione territoriale per sostenere in tutte le sedi le ragioni del nord. Nel 2018 ci sarà il centenario della fine della prima Guerra Mondiale: vuoi vedere che nonostante il Monte Grappa, il Montello, il fiume Piave e Vittorio Veneto, vorranno celebrare anche questo a Roma a suon di milioni di euro?».
Coccodrilli e stilettate «Le lacrime di coccodrillo di Zaia e la sua tardiva combattività servono a poco, se non a cercare di mascherare l’azione inconsistente messa in campo da lui, da Bossi e dalla Lega nei mesi che hanno preceduto il verdetto di oggi». E' il commento della capogruppo del Partito Democratico in consiglio regionale, Laura Puppato. «Caro presidente, di insoddisfacente nella sconfitta di Venezia c’è innanzitutto il governo veneto - accusa Puppato - che alla prima vera prova del fuoco ha fatto flop, dimostrandosi inadeguato a rappresentare in modo forte ed incisivo le ragioni di un intero territorio. Rinnovo in ogni caso la richiesta di fare immediatamente e nelle sedi più opportune tutte le verifiche del caso, in modo da togliere ogni ombra sulla decisione presa dal Coni».
Tar di rigore Difficile pensare che possa incrinare i cristalli dello champagne capitolino il Codacons, che annuncia di aver presentato un ricorso al Tar del Lazio contro la delibera del Comune di Roma che dà il via libera alla candidatura della Capitale. Nel ricorso si sottolinea che Roma «non versa nello stato per poter ospitare le Olimpiadi per la semplice e amara considerazione che per il 2020 forse saranno risolvibili in minima parte i problemi che affliggono la Capitale, che non è, pertanto, nelle condizioni di avanzare candidatura alcuna, se non dopo aver risolto le annose questioni ora esposte, e non invertendo come ha fatto, proprio attraverso la candidatura, l’ordine di risoluzione dei problemi: ovvero ottenere la candidatura e poi si risolvere tutti gli altri problemi, mentre, è operante il principio inverso (ovvero: se la città è in salute e può permettersi, a livello complessivo, di ospitare le Olimpiadi, ben può presentare e sperare che la candidatura venga accolta)».
A ciascuno il suo, insomma. Resta, a prescindere dal peso dei progetti e dalla qualità messa in campo dai contendenti, la sensazione di una partita iniziata con due gol di svantaggio. Alla fine ha vinto il migliore, si dirà. Ma quel vantaggio...
lunedì 17 maggio 2010
RAFA RECORD..
Che bello svegliarsi il lunedi' mattina dopo che il tuo eroe sportivo nella giornata di ieri ha realizzato un nuovo record...
RAFAEL NADAL, 18 titoli vinti con quello di ieri a MADRID a livello di MASTER SERIES...
superRAFAAAAAA...
e ora ci attende ROLAND GARROS... incrociamo le dita!!
RAFAEL NADAL, 18 titoli vinti con quello di ieri a MADRID a livello di MASTER SERIES...
superRAFAAAAAA...
e ora ci attende ROLAND GARROS... incrociamo le dita!!
domenica 16 maggio 2010
martedì 11 maggio 2010
PORTOGRUARO torna capitale!!
Fra trent’anni saranno 900 anni di storia, visto che nel 1140 il vescovo di Concordia Gervino concesse ad alcuni Portolani un terreno lungo il Lemene per farci un porto con annessi e connessi. Certo, a quell’epoca, di partite di pallone undici contro undici nemmeno si sapeva che fossero. E i giochi erano altri. Ma è da quel tempo immemore che Portogruaro, nella sua posizione chiave di cardine fra Est e Ovest, di tappa obbligata via acqua e non verso l’Oriente e il Nord, è una capitale. Lo capì subito la Serenissima (nel ’400) che fece di Portogruaro la sua testa di ponte verso il Friuli (per altro terra originaria) dotandola di privilegi economici che ne accentuarono la prosperità e urbanisticamente la fecero diventare quel piccolo gioiello che è tuttora.
Basti pensare al municipio, ai palazzi quattrocenteschi, alle porte, alle vie con i portici, ai bellissimi squarci lungo il Lemene. Angoli ricchi di storia e di arte che hanno visto grandi protagonisti come Ippolito Nievo che ne raccontò la bellezza nelle Confessioni di un italiano, Lorenzo Da Ponte vicedirettore del seminario, ordinato prete a Portogruaro, librettista di Mozart, il futurista musicale Luigi Russolo cui è dedicato il rinnovato teatro, punto di riferimento della città che appena inaugurato da pochi mesi (e non ancora finito) è già esaurito a ogni rappresentazione. Potremmo dire anche del Museo Concordiese con i suoi gioielli archeologici. E via via elencando. Oppure ricordare che dal Lemene si arriva a Caorle (i pescatori hanno eretto un piccolo oratorio in città per sottolinearne il legame) e che fra quelle acque cacciava e scriveva Hemingway. E ancora, ancora, ancora. Fino a Massimo Dalla Mora, portogruarese doc, ballerino solista alla Scala. E la Fondazione Musicale Santa Cecilia, fucina di orchestrali e musicisti, che ogni anno organizza quel gioiello di Estate Musicale lungo le vie di Portogruaro.
Ma non è solo arte e cultura, è anche imprenditoria l’essere capitale di questa città. Dopo Acco e Furlanis, capitani di cantieri stradali soprattutto fra i Cinquanta e i Settanta, il genio portogruarese vive ora grandi realtà a livello internazionale con i Mio, i Bergamin nel settore dell’arredamento, i Camuffo nella cantieristica navale, i Bigatton in quello della gelateria e pasticceria, gli Arreghini nei colori, ovviamente i Marzotto, senza contare la solidità di alcune famiglie come De Goetzen, Impallomeni, Dal Moro, divisi fra attività professionali e proprietà terriere, ai quali sono i tre più bei palazzi (XV secolo) della città.
E poi i sapori, che non possono essere di una città, della sola città, ma di un territorio circostante ricco di terra ricca (la grande bonifica fu il toccasana) con il vino, gli ortaggi, le tradizioni e quello che portano mare e fiumi. Perché Portogruaro è terra d’acqua. Fin su, fino a Bibione, la spiaggia più frequentata della provincia, o a Caorle, dove si fondono sole, mare, arte, storia e pesca.
E ora il calcio. Anche con il pallone si può diventare in qualche modo capitale. A Portogruaro lo sport si respira da sempre. Calcio e ciclismo, soprattutto, basti pensare al glorioso Mecchia con il suo velodromo: ci passò con le sue lunghe leve anche il Campionissimo Fausto Coppi. Ma in questo 2010 il colore granata diventa dominante. Sicuramente fra Sile e Tagliamento: Veneto orientale o Venezia orientale, come si preferisce. Quella Provincia mai nata ora conquista un primato sportivo. E sotto il miracoloso Chievo, con il Padova quasi condannato, restano Cittadella e Vicenza (per ora) con il Portogruaro a tenere in alto il calcio veneto. Peccato che non ci sia lo stadio omologato, perché la tifoseria c’è, calda, appassionata, mai becera e, soprattutto, giovane. Domenica hanno urlato, sventolato le bandiere granata, festeggiato i giocatori al Bentegodi e al loro ritorno in città. Senza sbavature e senza eccessi. Come la società: che incarna la solida tranquillità di Portogruaro e della sua gente. Anche questo è da capitale. (11 maggio 2010)
Basti pensare al municipio, ai palazzi quattrocenteschi, alle porte, alle vie con i portici, ai bellissimi squarci lungo il Lemene. Angoli ricchi di storia e di arte che hanno visto grandi protagonisti come Ippolito Nievo che ne raccontò la bellezza nelle Confessioni di un italiano, Lorenzo Da Ponte vicedirettore del seminario, ordinato prete a Portogruaro, librettista di Mozart, il futurista musicale Luigi Russolo cui è dedicato il rinnovato teatro, punto di riferimento della città che appena inaugurato da pochi mesi (e non ancora finito) è già esaurito a ogni rappresentazione. Potremmo dire anche del Museo Concordiese con i suoi gioielli archeologici. E via via elencando. Oppure ricordare che dal Lemene si arriva a Caorle (i pescatori hanno eretto un piccolo oratorio in città per sottolinearne il legame) e che fra quelle acque cacciava e scriveva Hemingway. E ancora, ancora, ancora. Fino a Massimo Dalla Mora, portogruarese doc, ballerino solista alla Scala. E la Fondazione Musicale Santa Cecilia, fucina di orchestrali e musicisti, che ogni anno organizza quel gioiello di Estate Musicale lungo le vie di Portogruaro.
Ma non è solo arte e cultura, è anche imprenditoria l’essere capitale di questa città. Dopo Acco e Furlanis, capitani di cantieri stradali soprattutto fra i Cinquanta e i Settanta, il genio portogruarese vive ora grandi realtà a livello internazionale con i Mio, i Bergamin nel settore dell’arredamento, i Camuffo nella cantieristica navale, i Bigatton in quello della gelateria e pasticceria, gli Arreghini nei colori, ovviamente i Marzotto, senza contare la solidità di alcune famiglie come De Goetzen, Impallomeni, Dal Moro, divisi fra attività professionali e proprietà terriere, ai quali sono i tre più bei palazzi (XV secolo) della città.
E poi i sapori, che non possono essere di una città, della sola città, ma di un territorio circostante ricco di terra ricca (la grande bonifica fu il toccasana) con il vino, gli ortaggi, le tradizioni e quello che portano mare e fiumi. Perché Portogruaro è terra d’acqua. Fin su, fino a Bibione, la spiaggia più frequentata della provincia, o a Caorle, dove si fondono sole, mare, arte, storia e pesca.
E ora il calcio. Anche con il pallone si può diventare in qualche modo capitale. A Portogruaro lo sport si respira da sempre. Calcio e ciclismo, soprattutto, basti pensare al glorioso Mecchia con il suo velodromo: ci passò con le sue lunghe leve anche il Campionissimo Fausto Coppi. Ma in questo 2010 il colore granata diventa dominante. Sicuramente fra Sile e Tagliamento: Veneto orientale o Venezia orientale, come si preferisce. Quella Provincia mai nata ora conquista un primato sportivo. E sotto il miracoloso Chievo, con il Padova quasi condannato, restano Cittadella e Vicenza (per ora) con il Portogruaro a tenere in alto il calcio veneto. Peccato che non ci sia lo stadio omologato, perché la tifoseria c’è, calda, appassionata, mai becera e, soprattutto, giovane. Domenica hanno urlato, sventolato le bandiere granata, festeggiato i giocatori al Bentegodi e al loro ritorno in città. Senza sbavature e senza eccessi. Come la società: che incarna la solida tranquillità di Portogruaro e della sua gente. Anche questo è da capitale. (11 maggio 2010)
MIRACOLO PORTOGRUARO CALCIO.. (2)
da GAZZETTINO.IT
Portogruaro in B e la società pensa in grande: possiamo essere il nuovo Chievo
Calcio, la promozione apre la questione dello stadio: alcune località del litorale si sono già offerte di ospitare la squadra
VENEZIA (10 maggio) - L'alba non ha fatto svanire il sogno. Ed è festa. Nell'estremo lembo orientale del Veneto, dove la campagna si mischia all'impresa, il Portosummaga si affaccia sul palcoscenico del grande calcio. La serie B la "piccola" società veneziana è andata a riscuoterla al Bentegodi in casa di una "grande", quell'Hellas Verona che tra i suoi allori passati ha uno scudetto a firma Bagnoli e che adesso deve far punti nei play off per sperare di salire sul treno della serie cadetta. In quei minuti, un altro undici veronese, il Chievo, un tempo "squadra rivelazione", a Milano se la giocava con l'Inter primo della classe.
A Portogruaro si sprecano le definizioni per dare ragione a un risultato che ha tenuto alzato fino a tardi più di qualche tifoso. «Un sogno» dicono quasi a una sola voce il presidente Francesco Mio e il sindaco Antonio Bertoncello; di «momento storico» parla il direttore generale Giammario Specchia. Ma forse, come sul campo, è l'allenatore Alessandro Calori a fare la sintesi che fa risultato: «piccola favola».
In una regione che ha costruito in vari campi il suo benessere sulla capacità dei "piccoli" ad essere vincenti, il presidente del Veneto Zaia eleva la promozione a simbolo: «è il successo dei valori di questa Regione: la serietà, la laboriosità e la consapevolezza che se si vuole vincere occorre saper soffrire e stringere i denti».
Una storia, quella del Portosummaga, che si lega a doppio filo con la storia imprenditoriale della famiglia Mio, da 35 anni nel mondo del calcio. «La promozione in B è il sogno che mio padre Dino ci ha passato. Lo aveva detto nel 2007, un anno prima di lasciarci, con la promozione in C: "adesso la squadra in B". Ora ci siamo». Dino Mio, per far capire che non scherzava, - come ricorda il sindaco - l'obiettivo l'aveva anche scritto su una lavagnetta.
La meta è stata raggiunta punto dopo punto, grazie anche a una serie di vittorie fuori casa (10). A inizio campionato la compagine non era certo indicata tra le favorite; è cresciuta partita dopo partita. «È stata un'esperienza affascinante - dice Calori, che come giocatore con il suo gol a Perugia tolse lo scudetto 2000 alla Juventus di Ancelotti, per darlo alla Lazio di Cragnotti - siamo riusciti a costruire un gruppo bellissimo sul piano della compattezza e del gioco. Siamo usciti spesso dal campo anche tra l'applauso dei tifosi avversari. Mi sono accorto che avevo in mano ragazzi che mi ascoltavano, che avevano voglia di crescere».
Una squadra giovane, dove in tanti hanno debuttato quest'anno in C1: «siamo cresciuti come gruppo e i risultati si fanno in campo, non con le chiacchiere» sottolinea con orgoglio il tecnico. Sul suo futuro in panchina si vedrà, ma il presidente ha già detto chiaro che farà di tutto per farlo rimanere, «sempre che non si faccia avanti una società di A, Calori lo meriterrebbe». Per i giocatori, invece, «porte aperte» per tutti: «si meritano di giocare nelle serie che contano».
Adesso la società deve ragionare da "grande" e tra le questioni aperte c'è anche lo stadio: servirà un adeguamento di quello attuale, che ha una capienza di circa 4.000 persone, o pensare di trovare "casa" in qualche cittadina vicina. Alcune località del litorale a cavallo tra Veneto e Friuli si sarebbero già fatte avanti. La serie B, a dirla tutta, è una buona vetrina anche sul piano turistico e nei periodi invernali questo serve; ma «la mia ambizione - dice Mio - è di far restare la squadra a giocare a Portogruaro».
In Veneto, ma non solo, quando si parla di "rivelazione" nel calcio risuona il "modello Chievo": «è uno stimolo e un motivo di orgoglio - rileva il presidente - essere paragonati a realtà come Chievo o Cittadella. Noi ci chiamiamo Portosummaga e a questi livelli dobbiamo imparare, dobbiamo crescere prendendo anche a esempio queste società».
Portogruaro in B e la società pensa in grande: possiamo essere il nuovo Chievo
Calcio, la promozione apre la questione dello stadio: alcune località del litorale si sono già offerte di ospitare la squadra
VENEZIA (10 maggio) - L'alba non ha fatto svanire il sogno. Ed è festa. Nell'estremo lembo orientale del Veneto, dove la campagna si mischia all'impresa, il Portosummaga si affaccia sul palcoscenico del grande calcio. La serie B la "piccola" società veneziana è andata a riscuoterla al Bentegodi in casa di una "grande", quell'Hellas Verona che tra i suoi allori passati ha uno scudetto a firma Bagnoli e che adesso deve far punti nei play off per sperare di salire sul treno della serie cadetta. In quei minuti, un altro undici veronese, il Chievo, un tempo "squadra rivelazione", a Milano se la giocava con l'Inter primo della classe.
A Portogruaro si sprecano le definizioni per dare ragione a un risultato che ha tenuto alzato fino a tardi più di qualche tifoso. «Un sogno» dicono quasi a una sola voce il presidente Francesco Mio e il sindaco Antonio Bertoncello; di «momento storico» parla il direttore generale Giammario Specchia. Ma forse, come sul campo, è l'allenatore Alessandro Calori a fare la sintesi che fa risultato: «piccola favola».
In una regione che ha costruito in vari campi il suo benessere sulla capacità dei "piccoli" ad essere vincenti, il presidente del Veneto Zaia eleva la promozione a simbolo: «è il successo dei valori di questa Regione: la serietà, la laboriosità e la consapevolezza che se si vuole vincere occorre saper soffrire e stringere i denti».
Una storia, quella del Portosummaga, che si lega a doppio filo con la storia imprenditoriale della famiglia Mio, da 35 anni nel mondo del calcio. «La promozione in B è il sogno che mio padre Dino ci ha passato. Lo aveva detto nel 2007, un anno prima di lasciarci, con la promozione in C: "adesso la squadra in B". Ora ci siamo». Dino Mio, per far capire che non scherzava, - come ricorda il sindaco - l'obiettivo l'aveva anche scritto su una lavagnetta.
La meta è stata raggiunta punto dopo punto, grazie anche a una serie di vittorie fuori casa (10). A inizio campionato la compagine non era certo indicata tra le favorite; è cresciuta partita dopo partita. «È stata un'esperienza affascinante - dice Calori, che come giocatore con il suo gol a Perugia tolse lo scudetto 2000 alla Juventus di Ancelotti, per darlo alla Lazio di Cragnotti - siamo riusciti a costruire un gruppo bellissimo sul piano della compattezza e del gioco. Siamo usciti spesso dal campo anche tra l'applauso dei tifosi avversari. Mi sono accorto che avevo in mano ragazzi che mi ascoltavano, che avevano voglia di crescere».
Una squadra giovane, dove in tanti hanno debuttato quest'anno in C1: «siamo cresciuti come gruppo e i risultati si fanno in campo, non con le chiacchiere» sottolinea con orgoglio il tecnico. Sul suo futuro in panchina si vedrà, ma il presidente ha già detto chiaro che farà di tutto per farlo rimanere, «sempre che non si faccia avanti una società di A, Calori lo meriterrebbe». Per i giocatori, invece, «porte aperte» per tutti: «si meritano di giocare nelle serie che contano».
Adesso la società deve ragionare da "grande" e tra le questioni aperte c'è anche lo stadio: servirà un adeguamento di quello attuale, che ha una capienza di circa 4.000 persone, o pensare di trovare "casa" in qualche cittadina vicina. Alcune località del litorale a cavallo tra Veneto e Friuli si sarebbero già fatte avanti. La serie B, a dirla tutta, è una buona vetrina anche sul piano turistico e nei periodi invernali questo serve; ma «la mia ambizione - dice Mio - è di far restare la squadra a giocare a Portogruaro».
In Veneto, ma non solo, quando si parla di "rivelazione" nel calcio risuona il "modello Chievo": «è uno stimolo e un motivo di orgoglio - rileva il presidente - essere paragonati a realtà come Chievo o Cittadella. Noi ci chiamiamo Portosummaga e a questi livelli dobbiamo imparare, dobbiamo crescere prendendo anche a esempio queste società».
MIRACOLO PORTOGRUARO CALCIO..
da CORRIERE del VENETO. it
Il Portogruaro spegne il sogno dell'Hellas
La Cenerentola va al ballo della B
Festa grande per i mille al Bentegodi e tripudio in città al rientro della squadra di Calori
Il Portogruaro al ballo della B
PORTOGRUARO – L’orologio del maxischermo della palestra di Portogruaro dice minuto 85, c’è l’Hellas in avanti, a cercare il gol promozione. Improvvisamente suonano i cellulari, messaggini dagli amici del Bentegodi: gol, gol, goooool. Ma come? In avanti c’è il Verona! Invece è tutto vero, lo streaming internet (Raisportpiù ha fatto vedere il match solo su internet e non sul satellite come promesso) è cinque minuti in ritardo rispetto allo stadio. Tempo di vedere la spaccata vincente del veneziano doc Bocalon in differita, che a Verona l’arbitro ha già fischiato la fine: in B ci va il Portosummaga operaio di Calori, e possono partire i festeggiamenti degli oltre mille tifosi al Bentegodi e dei cinquecento e rotti rimasti a casa. Saranno anche luoghi comuni, ma Davide batte Golia e Cenerentola va al ballo con il vestito tutto rotto, ma alla fine è lei la reginetta della serata.
Il match - E pensare che il Portosummaga era partito per salvarsi: confermato mister Calori (bandiera dell’Udinese, del Venezia e autore del gol sotto il diluvio di Perugia che tolse lo scudetto dal petto della Juve nel 2000), il presidente Mio aveva puntato sul nucleo storico e nove veneti in rosa, con ragazzi promettenti pescati dalle riserve delle squadre primavera di Milan (Scapuzzi, rivelazione del mercato ieri infortunato) e Inter (Bocalon). Stadio piccolo e semideserto, ma partenza a razzo. «Crollerà in primavera», dicevano gli esperti, Verona e Pescara sono troppo più forti. Il match di domenica valeva tutta la stagione: un pareggio poteva bastare al Porto, a patto che gli abruzzesi, un punto dietro in classifica alla pari con l’Hellas, non vincessero a Marcianise. Dopo un primo tempo al cardiopalma (traversa-riga di Russo per i gialloblu, clamoroso palo di Marchi per i granata), nel secondo tempo la squadra di Calori ha sofferto nella propria metà campo, anche perché dalla Campania giungevano notizie pessime (vittoria del Pescara). Allo scadere, il gol di Bocalon e l’incredulità di un Bentegodi vestito a festa per celebrare la possibile promozione dell’Hellas proprio nel giorno del 25esimo anniversario dello scudetto. Era il 1985: mentre Preben Elkjaer trascinava il Verona all’unico titolo finito in provincia nella storia della serie A, il Portogruaro finiva quarto in Promozione.
La festa – Nel giro di qualche ora, la città si è riversata al ristorante Dreher, covo storico dei tifosi proprio davanti allo stadio Mecchia. La squadra è arrivata poco dopo le 9, accolta da un migliaio di persone incredule e ubriache, non solo di felicità: la festa è durata fino a tarda notte, con i giocatori sui tavoli a ballare e festeggiare la serie B. Serie B che porterà non pochi problemi: lo stadio non sarà utilizzabile nella cadetteria per varie carenze, ma il sindaco Antonio Bertoncello ha promesso che si farà il possibile per mantenere il campo di gioco nei dintorni. Ma Treviso e Udine sono le ipotesi più concrete, Lignano e Bibione quelle più suggestive.
Andrea Saule
10 maggio 2010
Il Portogruaro spegne il sogno dell'Hellas
La Cenerentola va al ballo della B
Festa grande per i mille al Bentegodi e tripudio in città al rientro della squadra di Calori
Il Portogruaro al ballo della B
PORTOGRUARO – L’orologio del maxischermo della palestra di Portogruaro dice minuto 85, c’è l’Hellas in avanti, a cercare il gol promozione. Improvvisamente suonano i cellulari, messaggini dagli amici del Bentegodi: gol, gol, goooool. Ma come? In avanti c’è il Verona! Invece è tutto vero, lo streaming internet (Raisportpiù ha fatto vedere il match solo su internet e non sul satellite come promesso) è cinque minuti in ritardo rispetto allo stadio. Tempo di vedere la spaccata vincente del veneziano doc Bocalon in differita, che a Verona l’arbitro ha già fischiato la fine: in B ci va il Portosummaga operaio di Calori, e possono partire i festeggiamenti degli oltre mille tifosi al Bentegodi e dei cinquecento e rotti rimasti a casa. Saranno anche luoghi comuni, ma Davide batte Golia e Cenerentola va al ballo con il vestito tutto rotto, ma alla fine è lei la reginetta della serata.
Il match - E pensare che il Portosummaga era partito per salvarsi: confermato mister Calori (bandiera dell’Udinese, del Venezia e autore del gol sotto il diluvio di Perugia che tolse lo scudetto dal petto della Juve nel 2000), il presidente Mio aveva puntato sul nucleo storico e nove veneti in rosa, con ragazzi promettenti pescati dalle riserve delle squadre primavera di Milan (Scapuzzi, rivelazione del mercato ieri infortunato) e Inter (Bocalon). Stadio piccolo e semideserto, ma partenza a razzo. «Crollerà in primavera», dicevano gli esperti, Verona e Pescara sono troppo più forti. Il match di domenica valeva tutta la stagione: un pareggio poteva bastare al Porto, a patto che gli abruzzesi, un punto dietro in classifica alla pari con l’Hellas, non vincessero a Marcianise. Dopo un primo tempo al cardiopalma (traversa-riga di Russo per i gialloblu, clamoroso palo di Marchi per i granata), nel secondo tempo la squadra di Calori ha sofferto nella propria metà campo, anche perché dalla Campania giungevano notizie pessime (vittoria del Pescara). Allo scadere, il gol di Bocalon e l’incredulità di un Bentegodi vestito a festa per celebrare la possibile promozione dell’Hellas proprio nel giorno del 25esimo anniversario dello scudetto. Era il 1985: mentre Preben Elkjaer trascinava il Verona all’unico titolo finito in provincia nella storia della serie A, il Portogruaro finiva quarto in Promozione.
La festa – Nel giro di qualche ora, la città si è riversata al ristorante Dreher, covo storico dei tifosi proprio davanti allo stadio Mecchia. La squadra è arrivata poco dopo le 9, accolta da un migliaio di persone incredule e ubriache, non solo di felicità: la festa è durata fino a tarda notte, con i giocatori sui tavoli a ballare e festeggiare la serie B. Serie B che porterà non pochi problemi: lo stadio non sarà utilizzabile nella cadetteria per varie carenze, ma il sindaco Antonio Bertoncello ha promesso che si farà il possibile per mantenere il campo di gioco nei dintorni. Ma Treviso e Udine sono le ipotesi più concrete, Lignano e Bibione quelle più suggestive.
Andrea Saule
10 maggio 2010
PANNELLA e la BISESSUALITA'...
da CORRIERE.IT dell' 11 maggio 2010
l'intervista su «chi»
Pannella: «Ho amato molto tre o quattro uomini»
Il leader radicale: «Nessuna gelosia con la mia compagna. Potevamo avere anche altre storie»
ROMA - Nella vita «ho avuto tre, quattro uomini che ho amato molto». Marco Pannella, uno dei leader storici del Partito radicale, racconta - in un'intervista rilasciata al direttore del Tg5 Clemente Mimun, pubblicata sul prossimo numero di "Chi" - alcuni dei momenti più intensi dei suoi 80 anni. Dai ricordi dell'infanzia, vissuta con una madre anticonformista, alla sua bisessualità. «Sono legato da 40 anni a Mirella (Paracchini, ndr) - racconta Pannella - ma ho avuto tre, quattro uomini che ho amato molto. Non c’è mai stata alcuna gelosia con lei. Potevamo avere, e avevamo, anche altre storie».
NIENTE MATRIMONIO NÉ FIGLI - «Non mi sono mai sposato - prosegue Pannella - ma arrivai alle pubblicazioni con Bianca, una ragazza che conobbi a Pavia. Però era troppo innamorata, pendeva dalle mie labbra, non poteva funzionare». E sulla mancata paternità confida: «Con Mirella ci abbiamo riflettuto tanto ad avere un figlio. Ma io non ne ho mai avuto voglia. Anche se ho un forte dubbio su una ragazza che conobbi tanti anni fa, Gabriella. Chissà che non ci sia un cinquantenne in giro che mi somiglia fin troppo...» (fonte: Apcom).
l'intervista su «chi»
Pannella: «Ho amato molto tre o quattro uomini»
Il leader radicale: «Nessuna gelosia con la mia compagna. Potevamo avere anche altre storie»
ROMA - Nella vita «ho avuto tre, quattro uomini che ho amato molto». Marco Pannella, uno dei leader storici del Partito radicale, racconta - in un'intervista rilasciata al direttore del Tg5 Clemente Mimun, pubblicata sul prossimo numero di "Chi" - alcuni dei momenti più intensi dei suoi 80 anni. Dai ricordi dell'infanzia, vissuta con una madre anticonformista, alla sua bisessualità. «Sono legato da 40 anni a Mirella (Paracchini, ndr) - racconta Pannella - ma ho avuto tre, quattro uomini che ho amato molto. Non c’è mai stata alcuna gelosia con lei. Potevamo avere, e avevamo, anche altre storie».
NIENTE MATRIMONIO NÉ FIGLI - «Non mi sono mai sposato - prosegue Pannella - ma arrivai alle pubblicazioni con Bianca, una ragazza che conobbi a Pavia. Però era troppo innamorata, pendeva dalle mie labbra, non poteva funzionare». E sulla mancata paternità confida: «Con Mirella ci abbiamo riflettuto tanto ad avere un figlio. Ma io non ne ho mai avuto voglia. Anche se ho un forte dubbio su una ragazza che conobbi tanti anni fa, Gabriella. Chissà che non ci sia un cinquantenne in giro che mi somiglia fin troppo...» (fonte: Apcom).
domenica 9 maggio 2010
LA MIA DISCOTECA.... ERA... !!!
...la mia discoteca era ballare a petto nudo.. la mia discoteca era arrampicarmi sulle ringhiere.. la mia discoteca era saltare da una parte all'altra della pista.. la mia discoteca era ammirare tette e culi di cubiste sopraffine.. la mia discoteca era passare a tunnel col mio corpo in mezzo alle gambe della gente.. la mia discoteca era baci , palpate e sorrisi a ritmi di musica..
ma soprattutto la mia discoteca ERA..
ma soprattutto la mia discoteca ERA..
sabato 8 maggio 2010
Silenziosamente AVANTI... il pendolo PETER... eclissi SI', tramonto MAI!!
In attesa dei SERVIZI FOTOGRAFICI annunciati che mi vedranno PROTAGONISTA e destinati a donarmi ,voglia o non voglia, un po' di INVOLONTARIA luce prosegue il VOLO BASSO che caratterizza questo mio PERIODO..
Mi sento ,infatti, desideroso ,COME NON MAI, di pace, di solitudine, di armonia, di silenzi..
Non che RINUNCI alle mie scopate , alle mie feste, alle mie gite fuoriporta...
ANZI..
ma voglio la luce spenta.. voglio SPARIRE dalla vista di tanti...con la testa ranicchiata e rilassata nel mio cuscino...
Gelosamente abbarbicato su me stesso.. a stoica DIFESA della mia pace!!
In una fase di forte INSPIRAZIONE , in attesa dell'inevitabile ,non fosse anche solo per naturale REAZIONE, fase di forte ESPIRAZIONE...
Questo e' stato spesso PETER..
un pendolo che si e' mosso SOVRANO tra Interiorita' ed Esteriorita'...
Ma direi che questo e' OGGI,soprattutto , PETER..
Posso eclissarmi ...
anzi DEBBO eclissarmi nello scontato recupero di energie psico-fisiche che caratterizza l'alternarsi delle fasi della vita,
ma so che non tramontero' mai...
la mia FORZA sta in me come le FONDAMENTA in una casa...
Gli altri passano.. io rimango.. questa e' sempre stata la vera magia...
e magia SUPREMA direi .. non spicciola...
eeeeheheheheeheh
Ma comunque sia...
BACI A TUTTI...
e sia un buon weekend nella pace dei sensi!!
Mi sento ,infatti, desideroso ,COME NON MAI, di pace, di solitudine, di armonia, di silenzi..
Non che RINUNCI alle mie scopate , alle mie feste, alle mie gite fuoriporta...
ANZI..
ma voglio la luce spenta.. voglio SPARIRE dalla vista di tanti...con la testa ranicchiata e rilassata nel mio cuscino...
Gelosamente abbarbicato su me stesso.. a stoica DIFESA della mia pace!!
In una fase di forte INSPIRAZIONE , in attesa dell'inevitabile ,non fosse anche solo per naturale REAZIONE, fase di forte ESPIRAZIONE...
Questo e' stato spesso PETER..
un pendolo che si e' mosso SOVRANO tra Interiorita' ed Esteriorita'...
Ma direi che questo e' OGGI,soprattutto , PETER..
Posso eclissarmi ...
anzi DEBBO eclissarmi nello scontato recupero di energie psico-fisiche che caratterizza l'alternarsi delle fasi della vita,
ma so che non tramontero' mai...
la mia FORZA sta in me come le FONDAMENTA in una casa...
Gli altri passano.. io rimango.. questa e' sempre stata la vera magia...
e magia SUPREMA direi .. non spicciola...
eeeeheheheheeheh
Ma comunque sia...
BACI A TUTTI...
e sia un buon weekend nella pace dei sensi!!
giovedì 6 maggio 2010
lunedì 3 maggio 2010
domenica 2 maggio 2010
PETER, L'ALTERNATIVA RADICALE !!
"...fondo la mia vita sull'assenza di compromessi..
questo e' l'eterno patto che mi lega all'esistenza...
tutto cio' che mi circonda spesso non mi interessa..
o cerco di fuggirlo!!"
peterkama, 01 maggio 2010, milano.
questo e' l'eterno patto che mi lega all'esistenza...
tutto cio' che mi circonda spesso non mi interessa..
o cerco di fuggirlo!!"
peterkama, 01 maggio 2010, milano.
PENSIERO del sabato notte, 1 maggio 2010 @ MILANO
AMO TALMENTE IL TEATRO DA ODIARE TUTTI I TEATRINI...
AMO TALMENTE ME STESSO DA ODIARE TUTTI I FINTI TRASGRESSIVI..
AMO TALMENTE LA VITA DA NON AVER PAURA DI RINASCERE OGNI MATTINA..
E POI IO AMO..
GLI ALTRI FINGONO SPESSO DI AMARE E LO FINGONO A SE' STESSI..
ATROCE MISERIA DI UNA GIA' MISERA VITA..
GOOD SATURDAY!!
AMO TALMENTE ME STESSO DA ODIARE TUTTI I FINTI TRASGRESSIVI..
AMO TALMENTE LA VITA DA NON AVER PAURA DI RINASCERE OGNI MATTINA..
E POI IO AMO..
GLI ALTRI FINGONO SPESSO DI AMARE E LO FINGONO A SE' STESSI..
ATROCE MISERIA DI UNA GIA' MISERA VITA..
GOOD SATURDAY!!
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