Fra trent’anni saranno 900 anni di storia, visto che nel 1140 il vescovo di Concordia Gervino concesse ad alcuni Portolani un terreno lungo il Lemene per farci un porto con annessi e connessi. Certo, a quell’epoca, di partite di pallone undici contro undici nemmeno si sapeva che fossero. E i giochi erano altri. Ma è da quel tempo immemore che Portogruaro, nella sua posizione chiave di cardine fra Est e Ovest, di tappa obbligata via acqua e non verso l’Oriente e il Nord, è una capitale. Lo capì subito la Serenissima (nel ’400) che fece di Portogruaro la sua testa di ponte verso il Friuli (per altro terra originaria) dotandola di privilegi economici che ne accentuarono la prosperità e urbanisticamente la fecero diventare quel piccolo gioiello che è tuttora.
Basti pensare al municipio, ai palazzi quattrocenteschi, alle porte, alle vie con i portici, ai bellissimi squarci lungo il Lemene. Angoli ricchi di storia e di arte che hanno visto grandi protagonisti come Ippolito Nievo che ne raccontò la bellezza nelle Confessioni di un italiano, Lorenzo Da Ponte vicedirettore del seminario, ordinato prete a Portogruaro, librettista di Mozart, il futurista musicale Luigi Russolo cui è dedicato il rinnovato teatro, punto di riferimento della città che appena inaugurato da pochi mesi (e non ancora finito) è già esaurito a ogni rappresentazione. Potremmo dire anche del Museo Concordiese con i suoi gioielli archeologici. E via via elencando. Oppure ricordare che dal Lemene si arriva a Caorle (i pescatori hanno eretto un piccolo oratorio in città per sottolinearne il legame) e che fra quelle acque cacciava e scriveva Hemingway. E ancora, ancora, ancora. Fino a Massimo Dalla Mora, portogruarese doc, ballerino solista alla Scala. E la Fondazione Musicale Santa Cecilia, fucina di orchestrali e musicisti, che ogni anno organizza quel gioiello di Estate Musicale lungo le vie di Portogruaro.
Ma non è solo arte e cultura, è anche imprenditoria l’essere capitale di questa città. Dopo Acco e Furlanis, capitani di cantieri stradali soprattutto fra i Cinquanta e i Settanta, il genio portogruarese vive ora grandi realtà a livello internazionale con i Mio, i Bergamin nel settore dell’arredamento, i Camuffo nella cantieristica navale, i Bigatton in quello della gelateria e pasticceria, gli Arreghini nei colori, ovviamente i Marzotto, senza contare la solidità di alcune famiglie come De Goetzen, Impallomeni, Dal Moro, divisi fra attività professionali e proprietà terriere, ai quali sono i tre più bei palazzi (XV secolo) della città.
E poi i sapori, che non possono essere di una città, della sola città, ma di un territorio circostante ricco di terra ricca (la grande bonifica fu il toccasana) con il vino, gli ortaggi, le tradizioni e quello che portano mare e fiumi. Perché Portogruaro è terra d’acqua. Fin su, fino a Bibione, la spiaggia più frequentata della provincia, o a Caorle, dove si fondono sole, mare, arte, storia e pesca.
E ora il calcio. Anche con il pallone si può diventare in qualche modo capitale. A Portogruaro lo sport si respira da sempre. Calcio e ciclismo, soprattutto, basti pensare al glorioso Mecchia con il suo velodromo: ci passò con le sue lunghe leve anche il Campionissimo Fausto Coppi. Ma in questo 2010 il colore granata diventa dominante. Sicuramente fra Sile e Tagliamento: Veneto orientale o Venezia orientale, come si preferisce. Quella Provincia mai nata ora conquista un primato sportivo. E sotto il miracoloso Chievo, con il Padova quasi condannato, restano Cittadella e Vicenza (per ora) con il Portogruaro a tenere in alto il calcio veneto. Peccato che non ci sia lo stadio omologato, perché la tifoseria c’è, calda, appassionata, mai becera e, soprattutto, giovane. Domenica hanno urlato, sventolato le bandiere granata, festeggiato i giocatori al Bentegodi e al loro ritorno in città. Senza sbavature e senza eccessi. Come la società: che incarna la solida tranquillità di Portogruaro e della sua gente. Anche questo è da capitale. (11 maggio 2010)
martedì 11 maggio 2010
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